Battaglia di Canne:
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Canne, 2 agosto dell'anno 537 dalla fondazione di Roma:
Oggi l'esercito romano e quello cartaginese sono, ancora una volta, uno di fronte all'altro. Tutte le battaglie precedenti sono state vinte da Annibale; quest'uomo sembra invincibile. È qui in Italia, solo e isolato col suo esercito, eppure sembra il padrone della penisola: da un momento all'altro può sferrare il suo attacco a Roma. Perciò i Romani, armati solo del coraggio della disperazione, lo affrontarono ancora, oggi in campo aperto. È la loro ultima carta. Come al solito l'esercito romano è affidato ai due consoli, che comandano un giorno ciascuno. I consoli attuali sono Lucio Emilio Paolo e Caio Terenzio Varrone. Dei due, il secondo è il più impaziente di dare battaglia. Oggi il comando tocca proprio a lui, ed egli non ha esitato a provocare lo scontro. Varrone dispone di 80000 uomini; egli ha distribuito la sua fanteria al centro, in uno schieramento profondo e compatto; ne ha affidato il comando al proconsole Servilio. Lui e Paolo hanno preso il comando della cavalleria e si sono posti ai lati. Annibale non ha neppure 40000 uomini, ma il suo genio strategico gli vale per quanti mancano. Dispone i suoi pochi uomini su una fila più lunga, e perciò più sottile di quella dei Romani. Ha delle truppe di cui si fida poco: mercenari galli e spagnoli, preoccupati soprattutto di salvare la pelle. Li ha messi proprio al centro del suo schieramento, disposti a cuneo, verso il nemico. Ai lati di questo, mette le sue truppe scelte: sono gli uomini venuti con lui dall'Africa; la prova del loro valore è il fatto che indossano quasi tutti armature romane che hanno tolto ai nemici uccisi alla Trebbia e al Trasimeno. Più esternamente egli colloca la cavalleria: più numerosa da una parte che dall'altra. Un'idea originale che gli permetterà di essere superiore prima su un'ala, poi sull'altra. Ed ora seguiamo sugli schemi lo svolgimento della battaglia.
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Ai Romani non restava che combattere e morire con onore. È quanto fanno con un eroismo che non sarà mai dimenticato. Il fior fiore della gioventù romana, i figli dei senatori, i discendenti delle vecchie famiglie patrizie, si stringono attorno al console Paolo, rimasto accerchiato e ferito. Sanno di non aver alcuna speranza di salvezza. Forse la fuga, ma non è cosa da nobili romani. Perciò muoiono tutti: il console, due proconsoli, due questori, 29 tribuni, 80 senatori, 2700 cavalieri, 45000 fanti. Queste sono state le perdite dei Romani nella battaglia combattuta a Canne. Annibale non ha perso che 8000 uomini. È, certo, la sua più grande vittoria.