Le strategie offensive in campo aperto:

 

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Storia dell'esercito:

 

Alla fine del II secolo a.c, quando i Romani dovettero affrontare delle masse compatte e sterminate di barbari, il Console Caio Mario, riformò l'ordinamento delle Legioni. Dalle 2 legioni che costituivano di regola l'esercito consolare romano, si passò a 4 legioni (2 per ogni console) durante la guerra sannitica e che rimase il numero usuale dell'esercito. Solo nella guerra contro Annibale il numero di legioni salì eccezionalmente a 23.
Caio abolì il vecchio sistema di reclutamento in base al censo (il reddito minimo necessario per arruolarsi) e arruolò tutti i cittadini romani volontari (anche italiaci) con le qualità fisiche necessarie. Da questo momento l'esercito divenne un mestiere.
Le Legioni furono rinforzate e disposte su due file, formate dalle coorti (cohors al singolare) e non più di Manipoli, anch'esse schierate a scacchiera ma composte ciascuna di 600 uomini. Ogni chortes era il risultato dell'unione di tre manipoli, di hastati, principes, triarii, ognuna delle quali apportava 200 uomini. La legione venne divisa in 10 coorti numerate da I a X e i soldati impiegati salirono a 6000.

 

 

Preparativi alla battaglia:

   

Prima di ogni battaglia, c`erano sempre dei preparativi, innanzitutto la disposizione della formazione verso il nemico o la direzione dalla quale sarebbe sopraggiunto, poi la costruzione di trincee e fossati in grado di fermare un possibile attacco alle parti deboli della formazione, come ad esempio le aree in cui erano disposti gli arcieri o le macchine belliche(solitamente dietro al fronte). Si passava quindi alla dislocazione delle coorti e delle varie turme di cavalieri. Solitamente la formazione era disposta su tre linee ma talvolta anche su quattro con la cavalleria sui lati: le coorti e le turme di cavalieri venivano così numerate da I a X da sinistra a destra.

FANTERIA
Resta comunque la Fanteria l'arma principale dell'esercito romano: essa permetteva soprattutto di mettere in campo una moltitudine di uomini e con una eccezionale facilità di manovrabilità.

CAVALLERIA
Essa era inquadrata da Centurioni i quali erano assistiti da diversi graduati:
- nexillarius (portastendardo)
- tesserarius (responsabile della parola d'ordine)
- optio
- pollio.
Per le esercitazioni ci si affidava al Magister Campi, il maestro del terreno di manovra, all'Exercitator, ovvero il responsabile, ed all'istruttore, il Discens. La cura dei cavalli era affidata ad un palafreniere, il Mulio, ed a un veterinario, il Pequarius. Vi era infine un tribuno, il Sexmentris (chiamato così poiché restava in carica sei mesi), il quale comandava la cavalleria sul campo di battaglia.

ARTIGLIERIA
Il corpo di Artiglieria (Ballistarii) era formato dai Doctores Ballistarum, gli esperti, i quali sono all'ordine dei Libratores, i capi del corpo.

Tutto insieme dava vita ad uno schieramento:

  

La comune strategia romana:

 

Prima dell'inizio dello scontro si cercava di estirpare il coraggio dei nemici attraverso delle procedure di intimidazione: si sbattevano le spade sugli scudi per produrre un angosciante rumore continuo e si colpiva ripetutamente lo schieramento avversario con sassi e dardi lanciati dalle macchine da gitto o dagli arcieri. In oltre alcuni soldati si inginocchiavano o si nascondevano nelle testuggini per poi alzarsi o uscire all'improvviso e sorprendere il nemico.

Il classico combattimento in stile romano era basato sulla velocità e sulla mobilità delle truppe.

I primi a ingaggiare battaglia erano i veliti: essi provocavano il nemico lanciando pietre e giavellotti. Quando entravano in azione i veliti, i tre ordini di legionari non si muovevano. In attesa dell'ordine di attacco, gli astanti e i principi stavano in piedi, i triari, invece, appoggiando un ginocchio a terra, si coprivano interamente con lo scudo. I primi ad attaccare erano gli astanti: se però non riuscivano a respingere il nemico, si ritiravano indietro e lasciavano il posto ai principi. Se anche questi venivano respinti dal nemico, si facevano avanti i triari, mentre però i principi e astanti si riordinavano per portarsi nuovamente in linea. Quando il nemico batteva in ritirata, i veliti e i cavalieri avevano l'incarico di inseguirlo. Insomma, la legione era sistemata in modo di poter fare un grandissimo numero di manovre in brevissimo tempo. Fu soprattutto questo geniale sistema di combattimento che fece dell'esercito romano la più potente forza militare dell'antichità.

 

Riassunto:

A:

Le quattro file dell'esercito romano sono posizionate di fronte al nemico

B:

I veliti iniziano l'attacco con sassi, frecce e lance

C:

I veliti si ritirano e attaccano gli astati

D:

Gli astati arretrano lasciando spazio ai principi

E:

I principi si ritirano e si risistemano con veliti e astati; nel frattempo avanzano i triari

F:

Tutto l'esercito attacca contemporaneamente ottenendo una grande forza di impatto e respingendo il nemico

                  

Formazioni di battaglia:

    

In fase offensiva c'era una predisposizione nello schierare i soldati in modo da preferire la mobilità e la velocità di attacco. Per questo motivo si posizionavano la fanteria in quadrati distanti tra loro l'uno dall'altro; ogni soldato di un gruppo era poi diviso ulteriormente dai suoi compagni. Tutto questo serviva per ridurre le perdite nel momento dell'attacco in cui si era sottoposti al fuoco delle armi da lancio nemiche.

La cavalleria era o divisa in due parti ai lati dello schieramento o posta su una linea dietro le truppe. In quest'ultima formazione erano anche posti gli arcieri. Se si temeva una forte offensiva di artiglieria o frecce, si poteva anche decidere di procedere con la formazione a "testuggine": orgoglio dell'esercito romano, questa formazione permetteva di avanzare sotto il tiro di frecce e dardi nemici senza produrre il minimo danno ai legionari, questo semplicemente facendo unire tutti gli scudi dei soldati in modo da formare un enorme "tetto". Non soltanto, sotto il tetto si potevano nascondere molti più legionari di quanti sembrava, questo costituiva un effetto sorpresa per i nemici.

  

Trasmissione degli ordini sul campo di battaglia:

    

In primo luogo ogni soldato doveva seguire con gli occhi il proprio stendardo di legio. Ogni Legione aveva sullo stendardo l'aquila romana (adorata come una reliquia) e portata da un Aquilifer. Ogni manipolo (raggruppamento di due centurie) possiedeva un Signum, portato da un Signifer, che indicava il cammino da seguire nella marcia o nella battaglia. La cavalleria, invece, era condotta dal Uexillum, portato da un'Uexilliarius.
In secondo luogo,i soldati dovevano seguire i comandi sonori, la voce dei superiori ma anche il suono delle trombe e dei corni. La musica degli strumenti serviva per la sveglia, il cambio della guardia ma, principalmente, per la tattica da seguire in battaglia.
In campo venivano utilizzati tre strumenti:
- tuba: la tromba dritta destinata a tutti gli uomini; Essa dava il segnale di partenza dal campo così come quello di avanzata e ritirata.
- cornu: il corno, ovvero una tuba ricurva e rinforzata da una barra metallica. Serviva per i portatori d'insegne (Signa)
- bucina: una tuba più corta e con un disegno leggermente più arcuato.
Normalmente, il suono delle trombe e dei corni indicava il momento per scagliare l'assalto al nemico, ma la battaglia era scandita in ogni istante dai segnali dell'uno e dell'altro strumento, per indicare lo spostamento dei manipoli, l'avvicendarsi della cavalleria, l'attacco dell'artiglieria, ecc.